Un po ‘ di storia di Arro

Un po ‘ di storia di Arro. Arro è una località di indiscussa origine romana, come si può desumere dal ritrovamento di un’antichissima stele, dedicata ad Aticia e di altri reperti archeologici, trovati in regione Gorei.

Conobbe il Cristianesimo con tutti gli abitanti della piana di Salussola e verso il Mille ebbe una propria rettoria.

Per Arro bisogna però parlare di parrocchie al plurale, perché due furono le comunità parrocchiali sorte nel corso dei secoli sul suo territorio.

La prima (non più esistente), d’origine medioevale, aveva come centro una chiesa dedicata alla Natività della Madonna, che sorgeva in una località ancora oggi chiamata “chiesa vecchia”.

La seconda, l’attuale, risale al 1748.

Le vicende della prima parrocchia, detta sempre nelle antiche carte rettoria, sono legate alla storia civile di Salussola e dei dintorni.

Già nel 1178 si trova nominato un “ presbiter de arro ”, nel 1186 un “ presbiter petrus de arro “e nell’anno seguente “ petrum sacerdotem ecclesie de ar “.

Compresa nel distretto plebano della vicina pieve di San Pellegrino di Puliaco,da cui distava poco più di due km., è riportata negli elenchi del 1298 e del 1348.

Subì devastazioni durante le guerre tra Guelfi e Ghibellini del secolo XIV, tanto che fu abbandonata dai suoi abitanti, che poco più tardi edificarono un nuovo centro abitato.

E se ancora nel 1348 si incontra il “ presbiter othobonus de canbruzano rector (Arri) “, nel 1413 il Vescovo di Vercelli, Matteo Gisalberto, constatando l’abbandono del villaggio da parte degli abitanti e l’impossibilità di residenza del rettore della chiesa, univa la rettoria di Arro con il suo beneficio alla nuova

pieve di Santa Maria di Salussola, obbligando però il pievano e i canonici che “ comuniter et solemniter… celebrare debenat… in festo nativitatis S. Mariae de septembre in ecclesia S. Mariae de Arro “.

Con questa unione Arro perdeva la sua prima autonomia parrocchiale e i pochi abitanti che ancora rimanevano, sparsi nei cascinali della piana, passavano alle dipendenze del pievano di Salussola. Più tardi l’abitato di Arro risorse, formando un nuovo centro, ma alquanto distante dall’antica chiesa di Santa Maria.

Questa rimase in piedi e funzionante fino ai primi anni del 1600, epoca in cui si costruì la chiesa attuale nel nuovo cantone.

Nel 1602 si celebrava ancora Messa nella chiesa vecchia una volta la settimana, cioè tutti i sabati e il sacerdote celebrante, che allora era Don Filiberto Bonino, canonico di Salussola, percepiva come mercede un quartarone di grano o di biada dai quattordici massari che possedevano il carro.

Gli atti delle Visite Pastorali del 1602 e 1606, descrivono la chiesa come una piccola costruzione, ad una sola navata, con un unico altare, con i muri grezzi con la facciata rivolta verso occidente, priva di volta, di pavimento e persino di campana, col piano interno inferiore di tre piedi da quello esterno.

Con ogni probabilità si trattava di una costruzione romanica.

Nel 1606 i duecento abitanti di Arro, raggruppati in venticinque famiglie, domandavano al vescovo di poter costruire un oratorio nel loro nuovo villaggio, il che fu loro concesso e determinò l’abbandono e la rovina dell’antica chiesa parrocchiale.

Si concedeva un termine di sei mesi per iniziare i lavori; in caso contrario il Vescovo obbligava i proponenti a restaurare la chiesa antica, alzandone i muri e costruendo la volta.

Appena costruito, lo fecero consacrare da Monsignor Goria in anno imprecisato, al fine di fondare in esso una nuova parrocchia.

Vi fecero edificare anche una piccola casa per abitazione di un cappellano festivo, lo dotarono di numerosi beni terrieri e lo affidarono all’amministrazione di un priore, che era eletto ogni anno dalla popolazione.

Nel 1667 parve che i tempi fossero maturi per erigere la parrocchia.

Infatti durante durante la Visita Pastorale di tale anno gli abitanti di Arro ne fecero richiesta al Vescovo, adducendo quali motivi principali la distanza dalla parrocchiale e l’attraversamento del torrente Elvo, che in alcune stagioni impediva la partecipazione alle funzioni parrocchiali a Salussola.

Ma nonostante le buone intenzioni, la sospirata erezione non fu concessa.

Si continuò col priore e il cappellano fino al 1748.

Col tempo il cappellano ebbe poteri sempre più vasti, come poter amministrare i Sacramenti ai moribondi e il poter conservare in continuità il Santissimo Sacramento nella chiesa.

Il 18 giugno 1748 Monsignor Solaro si recò in Visita Pastorale ad Arro, visitò la chiesa e la sacrestia e trovò tutto in ordine.

Quella sera stessa invitò il cappellano, Don Giovanni Lacchia e i parrocchiani a trovarsi presso la parrocchia di Salussola, insieme ai rappresentanti di Vigellio, che avevano avanzato la stessa richiesta.

Il pievano e i canonici si dichiararono favorevoli alla divisione, tenuti presenti il pericolo del torrente Elvo e la lontananza del cantone.

Quella sera stessa il Vescovo firmava il decreto che erigeva le due nuove parrocchie di Arro e Vigellio, concedendo ai rispettivi parroci il titolo di pievano, stabilendone i confini territoriali e imponendo alle due nuove comunità l’obbligo di riconoscere la chiesa matrice di Salussola, recandosi in processione ogni anno nella festa patronale dell’Assunta, alla detta chiesa per offrire una torcia del peso di una libbra.

Usanza quest’ultima che era ancora in vigore all’inizio di questo secolo.

Il comune di Salussola contribuì all’aumento di congrua donando alla chiesa di Arro una dozzina di giornate di terreno, coltivato a risaia.

Oggi dopo che l’ultimo parroco, Don Umberto Gibellato, ha lasciato la sede per motivi di salute, la parrocchia fa parte, assieme a Vigellio e a       San Secondo, delle Comunità Parrocchiali di Salussola ed è retta dal parroco dell’antica chiesa matrice, la chiesa di Santa Maria Assunta a Salussola Monte.

blogger claudio.circolari@salussolanews.it – bibliografia

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