La candidatura del Biellese per un centro di riciclaggio dei rifiuti tessili, ma a Salussola negli anni del 1930 c’era già qualcosa di simile

fabbrica rubin pedrazzo
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Salussola / Torino – La candidatura del Biellese per un centro di riciclaggio dei rifiuti tessili, ma a Salussola negli anni del 1930 c’era già qualcosa di simile. Dalla pagina web della Regione Piemonte … Il Biellese si candida ad ospitare il primo centro italiano di riciclaggio dedicato al tessile, così da sopperire alla mancanza di materie prime e allo stesso tempo puntare su un’economia circolare. Il seguito lo trovate cliccando sul sottostante collegamento: https://www.regione.piemonte.it/web/pinforma/notizie/candidatura-biellese-per-un-centro-riciclaggio-dei-rifiuti-tessili

A Salussola negli anni del 1930 c’era già un’azienda che s’occupa del recupero degli stracci di filatura, ora non è più esistente, ma i capannoni e la ciminiera, benché consunti dal tempo, ci sono ancora. Fino al 1925, se si toglieva una fornace, un caseificio e una attività edilizia di non grande sviluppo, a Salussola non c’era nessuna altra industria. Verso il 1925 sorse un opificio per la preparazione di materie prime, fibre tessili, per lanifici. In una pubblicazione del 1934 si diceva che il valore degli impianti superava il milione e che lo stabilimento era esercito da una ditta individuale. Oggi possiamo dire che la ditta era quella della famiglia Rubin Pedrazzo. In esso si classificavano gli stracci, si lavoravano e si ottenevano lane meccaniche, ( sfilacciati ), e garnettati, ( cardati ), materiali pronti per la filatura tessile. Lo stabilimento era ubicato nei pressi dello scalo ferroviario, del quale usava il sistema per rifornirsi di materie prime, che erano gli stracci, provenienti dalla zona di Prato, Milano,Torino e in gran parte dall’estero, da Francia e Belgio. Negli anni trenta, le restrizioni economiche inflitte all’Italia a causa del suo regime, resero difficile il rifornimento e l’invio dei prodotti oltre la frontiera. Mentre in passato l’esportazione era diretta per lo più in Germania, in quegli anni i prodotti vennero venduti in parte nel Veneto, ma in prevalenza ai principali lanifici del Biellese. Il lavoro era continuo tutto l’anno, anche con ore straordinarie, e sempre la cronaca del 1934 dice che erano impiegati 25 uomini, 40 donne e 10 fanciulli, mentre la produzione annua si aggirava sui 3 milioni. Lo stabilimento fu produttivo fino alla metà degli anni 1960, e in anni successivi fu sede di depositi di varia merceologia. La fabbrica è attorniata da mura e sovrastata da una ciminiera, che si presterebbe per un museo di archeologia industriale. Alla fine degli anni del 1980 subì un incendio che distrusse parte delle strutture, e per molto tempo è stato un complesso abbandonato. In questi ultimi anni è ritornato a essere utilizzato per altri usi minori.

28 maggio 2022 – redazione@salussolanews.it

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