Il castello di Salussola era una fortificazione militare

Salussola 25 settembre 2015 – Il castello di Salussola era una fortificazione militare. Benché sia comunemente chiamato castello, quello di Salussola non è un vero e proprio castello come si potrebbe intendere oggi, ma una rocca fortificata, una fortificazione militare. Quello che è chiamato castello, era la roccaforte di una guarnigione di soldati, con alloggi, e torri di avvistamento e difesa, a cui faceva da scudo la cortina della cinta muraria che racchiudeva il borgo, e le bastie sparse sul territorio e prevalentemente sui confini comunali. Il castello era la fortificazione a difesa del borgo e del territorio comunale di Salussola. La fortificazione sorge su un colle, dominante a sud-ovest il borgo di Salussola, e secondo alcuni storici, è stata edificato sulle rovine del ” Castrum Caesaerum “. Il Vercellese Corbellini avanzò l’ipotesi che tutto il borgo di  Salussola sia stato eretto con i resti delle rovine di Vittimulo. Il fatto potrebbe essere avvalorato, in quanto nell’area furono ritrovati alcuni reperti che potrebbero indicare una preesistente identità, menzionato nel primo diploma  di Ottone III in data 7 maggio 999. Alla fine del 1800, l’allora proprietario signor Scaravelli, che fu anche sindaco, durante i lavori di costruzione di una palazzina e la ristrutturazione del vecchio palazzo del marchesato, vennero alla luce molti laterizi romani, in parte intatti e muniti di una sigla con il numero ” VIII “, e una cuspide di lancia medievale. La sigla ” VIII ” potrebbe essere riferibile al numero della legione VIII Augusta, creata da Cesare nel 59 A.C. , o prima, che prese parte alla guerra di Gallia. ” Le solide e massicce mura del castello di Salussola, le tegole romane con il numero VIII ivi trovate fanno pensare, come fa notare il Ferraris, ai resti di qualche solida difesa militare presidiata probabilmente da legionari della Augusta “. Lo storico  Modena Bicchieri sosteneva che nel castello di Salussola si conservasse l’oro estratto dalle aurofodine della Bessa, che serviva a pagare i soldati di guardia alle Alpi. Nel 1932 fu rinvenuto un sarcofago in pietra di età imperiale dalle misure di mt.1 x mt. 2,20, con loculo interno di mt. 1,90 x mt. 0,68. Il manufatto fu in seguito scalpellato al bordo e al fondo per utilizzarlo come vasca. Secondo quanto scrive il Donna, il sarcofago fu collocato sulla sommità della collina dal proprietario del castello geometra Antonio Bocca. Di nuovo nel 1936 la cronaca riferisce del ritrovamento occasionale di due tombe con scheletri del periodo ” alto impero “. Dalla descrizione si ricava trattarsi di tombe a cassa laterizia, con pareti in mattoni e copertura in embrici dalla misura di cm. 42 x cm. 55. Il ritrovamento è localizzabile nella parte più alta del castello, presso i resti della torre medievale. A giudicare dai ruderi sopravvissuti doveva trattarsi di un castello ” recinto “, con torre centrale staccata dalla cortina, di ragguardevoli dimensioni e potenza, e tre torri quadrate lungo la cortina. Il mastio centrale, con la sua posizione dominante e preminente, era il principale collegamento con le torri di avvistamento e di segnalazione posizionate lungo la cinta, sulle due porte urbiche, e con quelle sparse sul territorio comunale, dette bastìe; se ne contano oltre venti su alcune mappe. Nel 1891 il professore Gustavo Strafforello scriveva: ” … sulla cresta delle colline che fiancheggiano a mezzodì il poggio del castello, vedonsi ruderi di torri innalzate per uso di vedetta e per fare segnali “. Dall’interno del mastio, i gradini di una botola portavano a una stanza dove dipartivano due cunicoli sotterranei di non elevata altezza, che conducevano alle porte urbiche. Il castello e le mura furono più volte riedificate, prima con le rovine dell’avamposto del Mons Victimuli, poi con il Castrum Caesaerum, ma c’è molta incertezza e deficienza documentaria. Nel basso medio evo risultano presenti almeno due fortificazioni distinte, anche se con molta probabilità il castello era collegato alla cinta urbana. Il castello fu frequentemente coinvolto nelle gravi e lunghe guerre del XIV e XV secolo, ha subito in più riprese danni bellici notevoli, cui sono seguiti numerosi interventi di ricostruzione e di rifortificazione, il più radicale dei quali è stato probabilmente quello del 1375, voluto da Giovanni Fieschi, vescovo di Vercelli. L’importanza che il vescovo di Vercelli, che si era rifugiato a Biella, e il Comune di Biella davano alla forte posizione del castello di Salussola, si rileva da un documento del 23 novembre 1375 dell’Archivio Comunale di Biella. Antonio de Becharia di Montecaprello, tesoriere e camerario di Giovanni Fieschi vescovo di Vercelli, rilasciò ricevuta a Bartolomeo Scaglia, chiavaro del Comune di Biella, di 540 fiorini d’oro dovuti da detto comune al suddetto vescovo per l’impegno preso da questi di fortificare con opportune bastìe il castello suddetto, impegno assunto con precedente atto notarile dell’aprile dello stesso anno. Le mura vennero riattate, le bastìe costruite, rafforzate le altre fortificazioni, costruite due porte una verso nord-ovest, l’altra a sud-est, e la posizione venne presidiata da scelte truppe, fra le quali 100 arcieri genovesi. Il Comune di Salussola, obbligato a forti tributi verso il vescovo, riceveva da questi il castellano e il luogotenente. Il 30 settembre 1426 i Savoini si apprestano ad attaccare Salussola, capo saldo della posizione ed ultima piazza dei Visconti della zona. L’operazione non fu facile, tanto che dopo alcuni giorni l’esercito dei Savoia sospese l’assedio e il presidio del castello. Dal 1427 i Savoia sono padroni di Salussola, ma l’avranno avuta solo per negoziazione dai Visconti, perché le doppie e possenti fortificazioni, ne impedirono l’impenetrabilità. Il primo castellano dell’era dei Savoia fu il nobile Bonifacio Cacherano di Osasco, si insediò il 20 febbraio 1427 con il compito di custodire il castello, di tenere in ordine le coperture, riparare le fortificazioni, i pozzi, le porte e saracinesche, e tutto quanto era necessario al mantenimento della posizione. Il 26 febbraio 1428, il Cacherano non è più il castellano di Salussola, e Amedeo di Savoia, figlio di Amedeo VIII, visita i castelli del Canavese e del Vercellese, e dai conti del Capitolo di Piemonte si rileva che quando fu a Salussola, elargì due scudi d’oro, tre fiorini e sei grossi alla guarnigione del castello. Forse i castellani non adempirono in pieno i compiti di riparare il castello, perché in un documento del 1439 dove riferisce la presenza di tre torri; il maresciallo di Savoia Luigi di Racconigi, dispose il restauro del castello danneggiato dalle guerre tra i Savoia e i Visconti, e quello fu l’ultimo intervento conservativo di rilievo, se si pensa che in seguito il paese fu invaso e saccheggiato più volte. Nelle guerre tra Francesco I di Francia e l’imperatore Carlo V d’Asburgo re di Spagna, anche Salussola venne coinvolta in operazioni belliche. Nel 1525 il castello venne lungamente occupato dalle truppe trentine, che depredarono tutto, asportando perfino i documenti dell’Archivio Comunale. Quasi trent’anni dopo, nel 1553, Salussola è nuovamente occupata militarmente dalle truppe francesi del maresciallo De Brissac, che espugna il castello fino allora occupato dai soldati comunali e difeso dalle truppe spagnole. Oggi si possono vedere i ruderi di una delle tre torri originarie, dei resti di mura, forse la casa del corpo di guardia,  dei contrafforti, parti di un fossato e un pozzo artesiano di ben 60 metri di profondità. Così lo descriveva sul finire dell’800 lo scrittore Ferdinando Gabotto  nel suo ” I castelli biellesi nella storia “, ” … avanzi di fossati e bastioni sostenuti da grosse muraglie di pietre sovrapposte senza cemento, ben conservate colle loro scarpe … ” E ancora ” … dalla parte opposta del paese chiudendolo a nord-ovest, come questo a sud-est, seppi poi essere durato fino a pochi anni addietro un secondo portone in tutto simile al primo; oggi non se ne riconosce più che una traccia lieve ed incerta in un muro laterale “. La datazione dei pochi ruderi di questo castello medievale, ma non precisata con chiarezza  per Flavio Conti – è invece ben precisa per il Gabotto: 1375, per opera di Giovanni Fieschi, vescovo di Vercelli. La tipologia ” è quella del castello – recinto, con mastio in posizione dominante e separato dalla cortina “. Il professore Gustavo Straforello nel 1891 così descriveva il castello: “ Sul poggio che domina il borgo esistono alcuni avanzi di un castello, cioè robuste fondamenta di costruzione romana, parte di un torrione medioevale cogli sporti della merlatura, poggianti su imposte a foggia di piramide rovescia seghettata, nonché pezzi di bastioni di forma moderna “. La sola immagine del castello recinto che ci è tramandata è una riproduzione litografica datata 1686 della A. Kettlitz di Milano. Sovrastante il poggio c’è una rocca fortificata con al centro una torre mozza, e lungo la cortina una torre d’angolo di forma quadrata,  aperta verso l’interno, e semi diroccata. La torre semi diroccata, lo sembra già essere parzialmente nel 1686, se la rapportiamo ora  sembra esserci stato un ulteriore crollo, tanto da sembrare un poco diversa da quella che vediamo oggi, mentre i bastioni e i contrafforti sono integri, ma oggi non lo sono più. Per definire: il castello di Salussola era una possente fortificazione militare a difesa del borgo e del territorio comunale, e a cui facevano capo le due porte urbiche, la cinta, e le torri d’avvistamento e segnalazione che erano sparse per la maggior parte in vicinanza dei confini comunali dette bastìe. La torre che ora domina la collina di Salussola, non è un restauro del mastio del castello, bensì una ricostruzione romantica, dato che di questo mastio – che già il Gabotto vide ” mozzo e scoperto ” restava poco più delle fondamenta. Ferdinando Gabotto a metà dl 1800, scriveva che i resti del castello ancora visibili erano costituiti  “ da un mozzicone di torre quadra, massiccia che era il rudere del mastio, e da larghe camere che si sprofondano nel suolo, elevatosi per i rottami. In mezzo una pietra chiude la discesa di un’ampia rotonda donde si diramano sotterranei fino alle porte del borgo “. La torre fu fatta costruire dalla famiglia del geometra Antonio Bocca, Cavaliere Mauriziano e Commendatore della Corona d’Italia, su un progetto della fine degli anni del 1930 dell’architetto Carlo Nigra, già collaboratore nella costruzione del borgo medievale del Parco del Valentino a Torino e del castello nuovo di Rovasenda. Le opere murarie sono state eseguite dai Salussolesi Giovanni Maffeo ed Edoardo Mosca. Da notare la merlatura ” ghibellina “, mentre quello che rimane della torre della cortina è di fattura ” guelfa “, così come la merlatura della Porta Urbica Inferiore. L’inaugurazione dell’opera avvenne nel 1941 nel giorno della festa del Beato Pietro Levita, alla presenza del prevosto don Lino Loro e al suono della banda musicale di Trivero. Una lapide ne ricorda l’avvenimento: ” Regnando Vittorio Emanuele III nell’anno 1941 durante la II Guerra Mondiale sulle gloriose vestigia del passato il geometra Antonio Bocca Cavaliere Mauriziano Commendatore della Corona d’Italia erigeva questa torre in auspicio ai grandi destini della Patria nei secoli venturi  “.

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