II Garante della Privacy si è espresso sulla legalità della geolocalizzazione dei lavoratori in smartworking dal parte dei datori di lavoro.
Se il datore di lavoro decide di controllare il dipendente che lavora in smartworking geolocalizzando la sua posizione per capire se si trova realmente nella sua abitazione a svolgere l’attività rischia una sanzione fino a 50 mila euro.

(Salussolanews.it
Lo smartworking non dà diritto al datore di lavoro di violare la privacy del dipendente. Lo ha stabilito il Garante della Privacy e ne ha reso comunicazione sul portale ufficiale lo scorso 8 maggio. L’azienda non può geolocalizzare i dipendenti che svolgono attività da remoto. Con un provvedimento del 13 marzo il Garante della Privacy ha multato con 50 mila euro di sanzione il datore trovato a rilevare la posizione geografica di molti lavoratori in modalità agile.
L’autorità è intervenuta dopo il reclamo di un dipendente con conseguente intervento dell’Ispettorato della Funzione Pubblica. Con la comunicazione oltre a ribadire l’illegalità della geolocalizzazione il Garante della Privacy ha ricordato che le necessità di controllo dell’osservanza dei doveri di diligenza del lavoratore in remoto non possono essere sostenute da un monitoraggio a distanza con strumenti tecnologici dato che lo Statuto dei lavoratori non riconosce tale possibilità così come il quadro costituzionale.
Niente geolocalizzazione o scatta la multa da 50 mila euro: il motivo
Tracciare la posizione dei dipendenti tramite dispositivi aziendali come smartphone e computer non è un diritto del datore di lavoro. Tale controllo, infatti, viola le regole dello Statuto dei lavoratori e del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali. L’uso degli strumenti di controllo a distanza è previso solamente per tutelare il patrimonio aziendale oppure per motivi di sicurezza, di certo non per verificare se il dipendente sta svolgendo l’attività lavorativa nel luogo concordato.

E per procedere serviranno accordi chiari e specifici autorizzati dagli organi competenti. Il caso analizzato dal Garante della Privacy ha portato ad una condanna per comportamento gravemente lesivo dei diritti dei lavoratori. Lo smartworking garantisce maggiore libertà al dipendente nella gestione della sua vita privata e lavorativa. Procedere con la geolocalizzazione significa entrare indebitamente nella sfera personale del lavoratore sebbene il controllo fosse stato autorizzato dai dipendenti stessi.
L’azienda, infatti, aveva chiesto a circa 100 dipendenti di timbrare virtualmente l’inizio e la fine dell’attività lavorativa e di rendere nota la propria posizione vai e-mail. Questo consenso non è da considerare valido secondo il Garante della Privacy perché rilasciato in un contesto di subordinazione. Se l’azienda vuole avviare dei controlli sui dipendenti dovrà farlo attenendosi a criteri di correttezza e trasparenza del trattamento dei dati.