L’essere umano ha superpoteri per natura, con la plasticità cerebrale il cervello si può ridurre, è incredibile.
Il cervello si può ridurre e vedere questo come un “superpotere” sembra un controsenso, ma la scienza in questo caso fa scoprire una qualità adattativa che molti nemmeno avrebbero mai immaginato. La plasticità cerebrale ha una funzione che è la diretta conseguenza dell’evoluzione.

Il cervello è fluido, appunto “plastico”, sia nella struttura che nella forma. Ma anche nei processi e nelle connessioni tra le aree. È quello che i neuroscienziati chiamano “plasticità cerebrale”, un’abilità nell’adattarsi e cambiare in relazione alle esperienze. C’è un caso specifico in cui ciò accade, ed è sconvolgente.
Tale evoluzione avviene proprio per rispondere meglio alle esigenze del momento, occupandosi in maniera dettagliata dei cambiamenti. Gli scienziati hanno analizzato il cervello umano nel momento in questione, nel suo post nel breve periodo, e un post dopo 3 anni.
La scienziata stessa che ha compiuto lo studio, è stata protagonista dell’esperimento.
Quando il cervello si può ridurre entra in gioco la plasticità cerebrale
È scientificamente stabilito che il cervello si può ridurre, ma con la ragione ben delineata. I frutti degli studi però hanno dato alla luce altri elementi altrettanto inediti e che meritano una grande attenzione.

Durante la transizione della gravidanza, dopo e successivamente a 3 anni, il cervello si riduce.
Liz Chrastil è la neuroscienziata di 38 anni che con il marito decide di compiere il grande passo. Allora, realizza l’esperimento iniziando a scansionare il cervello per 26 volte, prima, durante e dopo, offrendo una visione processuale per le trasformazioni durante la genitorialità.
Ma cosa vuol dire che si riduce? Secondo lo studio du caso singolo pubblicato su Nature Neuroscience, la corteccia diventa più sottile, e in alcune aree rimane tale per mesi. Le connessioni tra diverse aree si rafforzano durante la gravidanza, per poi tornare ai livelli di base dopo il parto. Si evidenzia una consistente riduzione della materia grigia, una condizione che dura almeno due anni dalla nascita del figlio.
Tra il primo e il secondo trimestre invece, si è consolidata un rafforzamento della materia bianca, cioè le fibre nervose che connettono le diverse aree cerebrali. Nel post parto, tornano come prima.
La madre si prepara così alla sfida dell’accudimento e delle genitorialità, ipotizzando che ciò sia legato proprio al coinvolgimento in questione. Gli ormoni possono porre grandi cambiamenti, e ci sono grandi prospettive di studio. L’utilità starà anche nel riuscire a comprender con maggior chiarezza i fattori di rischio del post-partum, quando subentra la depressione.
È solo l’inizio di un lavoro di analisi più ampio e specifico che andrà a documentare come gli ormoni possano portare a un intricato e complesso insieme di cambiamenti che vanno a preparare il cervello per essere genitori. Anche perché quando si diventa madri, non solo da un punto di vista sociale, ma anche bio-psico, si evidenzia il cambiamento della donna: uno dei periodi di maggior neuroplasticità della vita adulta.