Il Museo laboratorio dell’oro e della pietra è dedicato alla storia di Salussola, ricordando avvenimenti e figure importanti come quella della strega di Miagliano.
Nel comune di Salussola si trova il Museo laboratorio dell’oro e della pietra, facente parte dell’Ecomuseo del Biellese. Nato da una ricerca dell’Università di Torino, il cui obiettivo era valorizzare il territorio del paese e preservarne il patrimonio locale, conserva le testimonianze della lavorazione dell’oro e della pietra in antichità, ma anche di avvenimenti che hanno segnato la storia di Salussola, tra cui il processo della strega di Miagliano.

In passato accusata di stregoneria e giustiziata, Giovanna de Monduro oggi è tra i protagonisti del Museo laboratorio dell’oro e della pietra di Salussola, con la sua storia che ci riporta indietro di oltre 500 anni. La donna, originaria di Miagliano, viveva a Salussola insieme al marito e al figlio ed è stata condannata al rogo nel 1471.
Il suo processo potrebbe non essere famoso come quello di Giovanna d’Arco, eppure la sua vicenda continua ad essere ricordata, non solo nel Museo laboratorio dell’oro e della pietra ma anche in occasione di iniziative come il Festival del Paganesimo o Il Paese delle Streghe, organizzati a Miagliano.
La storia della strega di Miagliano, simbolo degli anni dell’Inquisizione
La vicenda di Giovanna de Monduro è strettamente legata all’Inquisizione, l’epoca della cosiddetta “caccia alle streghe”. La sua condanna è arrivata per via delle accuse da parte delle sue vicine e parenti strette di essere una “mascha” e di andare al sabba (l’assemblea notturna delle streghe). La donna, come tante altre vittime di quei tempi, è diventata un capro espiatorio additato di portare disgrazie nella comunità.

Nonostante il suo tentativo di fuga, Giovanna de Monduro è stata torturata con le accuse di aver provocato la morte di un bambino, averne soffocati altri due e aver lanciato una maledizione contro uno sciame d’api. Dopo aver negato tutto, si è vista costretta a confessare per accontentare gli Inquisitori e porre fine alle torture.
Così ha ammesso di essere una strega, raccontando della sua iniziazione alla magia e spiegando di aver patteggiato con un diavolo di nome Zen. A Giovanna è stato chiesto di fare altri nomi di presunte streghe, ma lei ha avuto la furbizia di accusare solamente donne che erano già decedute. Dopo 18 mesi in prigione, è arrivata la sentenza finale: Giovanna è stata bruciata viva nei pressi del ruscello ai confini con Miagliano.
Qui la sua vicenda continua ad essere ricordata. Oggi, infatti, questa zona viene chiamata Rio delle Masche. La strega di Miagliano è diventata un simbolo della repressione subita dalle donne durante l’Inquisizione segnando la storia del luogo, soprannominato anche come “il paese delle streghe”.