La sanità sta vivendo un periodo duro, ma tra attese infinite e aggressioni nelle strutture, il Piemonte ha deciso: serve personale armato.
La sanità sta attraversando un periodo durissimo. Tra attese infinite e aggressioni sempre più frequenti nelle strutture, il Piemonte ha preso una decisione che fa rumore: serve personale armato. Una misura che ci aspetteremmo all’ingresso di una banca, a un concerto, fuori dai locali. Ma non certo in un Pronto soccorso. E invece oggi possiamo parlarne al passato: l’eccezione sta diventando realtà.

Com’è possibile che si sia arrivati a questo punto? Basta fare un passo indietro – nemmeno troppo lungo, in realtà, visto che il problema riguarda tutto il Paese. Prendiamo Torino: nel 2024 si sono registrate 600 aggressioni contro il personale sanitario. Numeri che non segnalano solo un disagio crescente, ma una minaccia concreta alla sicurezza di chi, ogni giorno, prova semplicemente a fare il proprio lavoro: curare.
Le cause sono tante, e le conosciamo bene. Tutti problemi che colpiscono l’intero sistema, ma che esplodono proprio lì, dove si corre contro il tempo: al Pronto soccorso. Ed è per questo che è nata la proposta che potrebbe cambiare tutto. Una proposta che, piaccia o no, costringe a riflettere.
Guardie armate nei Pronto soccorso e un piano d’urto contro le aggressioni
Non è un grido d’allarme qualunque, ma una presa di posizione netta. Il Coina – Sindacato delle Professioni Sanitarie – ha deciso di alzare la voce e scrivere nero su bianco cosa sta accadendo nei Pronto soccorso torinesi. La segreteria provinciale ha inviato una lettera ufficiale alla Regione, alle Asl e al prefetto: la richiesta è chiara, “presidi armati attivi 24 ore su 24 e nuove assunzioni”.

E non si tratta solo di un’esortazione, ma della fotografia di un sistema ormai al limite. Tra coltelli puntati al personale, dita spezzate e insulti sessisti, tra i le corsie vige la paura, e l’indignazione. Se le 600 aggressioni a Torino sembrano tante, a livello nazionale, i numeri fanno ancora più paura: 130.000 aggressioni tra il 2023 e il 2024, con un aumento del 30% solo nei primi tre mesi del 2025.
Secondo il sindacato, “questi numeri certificano il fallimento delle attuali politiche di sicurezza” e dimostrano che “non bastano misure simboliche o interventi a posteriori”. Le sanzioni più dure, l’arresto in flagranza, la costituzione di parte civile da parte delle Asl, “arrivano quando il danno è già fatto”. Serve altro. Serve prevenzione.
Le proposte? Quattro, nette e senza giri di parole: vigilanza armata h24, piano straordinario di assunzioni, tavolo permanente tra Regione, Asl e sindacati, e campagne pubbliche per ristabilire rispetto e fiducia. “Non servono slogan populisti”, si legge nella nota. “Chi cura non può essere lasciato solo. E chi difende la salute pubblica ha diritto ad essere difeso dallo Stato”.