Il vicino di casa può essere tenuto a risarcire non solo i danni strutturali causati da infiltrazioni d’acqua, ma anche quelli che l’umidità può provocare alla salute.
Chi vive in condominio o in una casa semi indipendente lo sa bene: le infiltrazioni provenienti dal piano di sopra sono tra i problemi più fastidiosi da gestire. Basta un gabinetto rotto o una tubatura danneggiata perché l’appartamento sottostante subisca danni anche gravi. Le prime a comparire sono sicuramente le macchie di umidità che si allargano su soffitti e pareti, seguite dalla comparsa di muffe negli angoli. Da lì si può arrivare a conseguenze ben più serie: intonaci che si sfaldano, mobili rovinati, parquet che si solleva.

Insomma, agire in tempo è fondamentale per evitare il peggio. Ma cosa succede quando questo non accade? O meglio, quando – per incuria o semplice disattenzione del vicino o dell’amministratore – l’infiltrazione continua indisturbata? In certi casi, oltre al risarcimento per i danni materiali all’appartamento, il responsabile potrebbe essere chiamato a rispondere anche delle conseguenze sulla nostra salute e su quella delle persone che vivono con noi.
Perché anche se spesso viene sottovalutato, è bene ricordare che vivere (o lavorare) per periodi prolungati in un ambiente insalubre, reso tale dall’umidità e dalla muffa, può avere ripercussioni importanti sul benessere fisico, soprattutto nei soggetti più fragili. Un dubbio, però, sorge spontaneo: come ottenere il risarcimento per la salute?
Come si dimostra il danno alla salute causato dalle infiltrazioni?
Se muffe, umidità e infiltrazioni hanno compromesso non solo i muri, ma anche la nostra salute, è un proprio diritto chiederne il risarcimento, ma è bene sapere che questo non è automatico. La legge prevede infatti che il danno alla persona vada dimostrato in modo specifico, distinto da quello materiale. Non basta dire “sto male”: serve provare il nesso diretto tra le condizioni insalubri e i problemi di salute.

Visti i numerosi casi in merito, complici le dispute tra condomini, la Cassazione lo ha ribadito con forza: il danno alla salute non può essere dato per scontato solo perché ci sono macchie di muffa sulle pareti. Serve documentazione medica concreta – certificati, referti, diagnosi – che descriva i disturbi sofferti (es. bronchiti ricorrenti, dermatiti, attacchi d’ansia) e li colleghi all’ambiente danneggiato.
Ancora meglio se si allega una perizia medico-legale, poiché è il modo più solido per dimostrare che l’umidità ha influito sulla nostra condizione fisica o psicologica. In più, è altresì utile una perizia tecnica sull’appartamento, che misuri l’umidità e rilevi la presenza di muffe.
Le testimonianze di chi vive con noi o ci ha visto affrontare quei disagi possono rafforzare il quadro, certo, ma è bene sapere che da sole non bastano. Detto ciò, se vogliamo farci risarcire anche per la salute, dobbiamo dichiararlo fin dall’inizio e sostenerlo con prove solide. Altrimenti, anche con muri devastati, rischiamo di non ottenere nulla per ciò che ha davvero peggiorato la nostra vita per un medio lungo periodo.