Il Piemonte mette finalmente fine ad una legge colma di lacune per chi maltratta gli animali: nessuna finestra d’uscita per chi commette violenza ad un essere vivente.
Sono anni che associazioni animaliste ed esperti del settore denunciano una situazione che in Italia sembra non trovare un punto fermo. Come sappiamo, la legge italiana sul maltrattamento degli animali (art. 544-ter c.p.) è stata creata per riconoscere la violenza contro un animale come un vero e proprio reato. Peccato che, nella pratica, la questione abbia sempre mostrato diverse contraddizioni e lacune.

Qualche esempio? Anche se la legge prevede la reclusione da 3 a 18 mesi, nella pratica le pene sotto i 2 anni sono quasi sempre sospese. Come se ciò non bastasse, chi maltratta animali raramente finisce davvero in carcere, a meno che non abbia precedenti o commetta reati molto gravi (es. uccisione con crudeltà).
A completare il quadro c’è il fatto che alcuni condannati accedono a misure alternative, come lavori socialmente utili o domiciliari. Senza dimenticare che dimostrare il maltrattamento su un animale non è poi così semplice. Insomma, le difficoltà ci sono, ed è per questo che il Piemonte ha deciso di risolverne una che da anni crea non pochi problemi.
Piemonte, la nuova legge contro il maltrattamento degli animali
Tra tutte le falle legislative di cui si è parlato negli anni, ce n’è una che a cui Piemonte non vuole più assistere. Ad oggi, chi maltratta un animale, una volta scontata o sospesa la pena, può tranquillamente tornare a farsene dare un altro. Nessun divieto effettivo, nessuna lista, nessun alert operativo. Se ci si presenta in un canile o da un allevatore, nessuno può sapere se quella persona è già stata condannata, nemmeno per reati gravi. E così, il giro ricomincia da capo.

Il punto è che, finora, mancava uno strumento di segnalazione funzionante. La fedina penale da sola non basta, perché non è consultabile da chi gestisce adozioni o animali, né da chi lavora sul campo. Ecco perché la mossa del Piemonte cambia le carte in tavola.
Con l’introduzione del cosiddetto Daspo cinofilo, la Regione ha creato una vera e propria blacklist per i maltrattatori di animali, integrata nel sistema informativo dell’anagrafe canina nazionale (il SINAC). Questo vuol dire che chi è stato segnalato o condannato non potrà più adottare né acquistare animali, perché comparirà in automatico come soggetto interdetto.
Una svolta, questa, che colma per la prima volta una lacuna concreta. E che potrebbe diventare un modello anche per le altre regioni, se davvero si vuole iniziare a mettere fine – sul serio – all’impunità di chi fa del male a chi non può difendersi.